ILLEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DEL LAVORATORE NON VACCINATO
Si comincia a prender visione dei primi orientamenti delle sezioni lavoro dei Tribunali riguardo all’applicazione della misura della sospensione della retribuzione in danno dei lavoratori non vaccinati.
La recentissima sentenza 2316 del 15 settembre 2021, emessa dalla sezione lavoro del Tribunale di Milano, illustra con chiarezza le ragioni dell’illegittimità di un provvedimento di sospensione non retribuita emesso nei confronti di una lavoratrice non vaccinata con mansioni di ASA in una RSA.
Il datore di lavoro, a giustificazione del provvedimento impugnato, rappresentava che la sanzione era dovuta in ragione della piana applicazione dell’art. 2087 c.c. che prevede, in capo al datore di lavoro, l’obbligo di adottare misure adeguate a tutelare l’integrità e le migliori condizioni di salute dei propri lavoratori.
Il Tribunale ha ritenuto, però, illegittimo il provvedimento datoriale, ritenendo, invero, non assolto l’onere della prova in merito all’esperimento del cd. repechage.
Per repechage, come noto, si intende la possibilità di assegnare il lavoratore ad una diversa mansione.
Nel caso di specie, ad esempio, la mansione alternativa poteva co adibire la lavoratrice ad altre funzioni non a contatto con soggetti fragili. Pertanto, la lavoratrice, dovrà essere reintegrata in diversa mansione e alla stessa dovranno essere corrisposte le retribuzioni non godute durante il periodo di illegittima sospensione.
Per i Giudici milanesi, quindi, la sospensione senza retribuzione rappresenta l’extrema ratio applicabile in via residuale in caso di impossibilità di adibire il lavoratore ad una diversa (anche inferiore) mansione. L’onere della prova dell’impossibilità di depechage, chiaramente, grava sul datore di lavoro (nello stesso senso vedasi anche Trib. Milano Sez. lav. sentenza 2135).
In attesa di nuove pronunce sul punto lo studio rimane a disposizione per domande e chiarimenti alla mail sangiorgiostudiolegale@gmail.com.